giovedì, ottobre 19, 2006

Incontro nazionale







AREZZO INCONTRA LO SPIRITO DI TAIZE’


DAL 10 AL 12 NOVEMBRE
UN RADUNO NAZIONALE DI GIOVANI NELLA NOSTRA CITTA’

Alle famiglie aretine si chiede di ospitare i partecipanti

AREZZO - 2 Ott 2006. Dal 10 al 12 novembre prossimi la città di Arezzo ospiterà un importante evento che radunerà numerosi giovani da tutta Italia che si incontreranno per tre giornate di condivisione nello stile degli incontri organizzati dalla Comunità monastica ed ecumenica francese di Taizé. Il programma prevede una accoglienza di tali giovani in alcune parrocchie e nelle famiglie, incontri di riflessione a tema e soprattutto dei momenti di preghiera meditativa che si terranno nella Cattedrale di Arezzo.

Il raduno, organizzato d’intesa con la stessa Comunità di Taizé e promosso dalla Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, in particolare dall’Ufficio per la Pastorale Scolastica e dal Centro per la pastorale giovanile, vedrà la presenza di una rappresentanza di monaci di Taizé e vuole essere un’occasione di confronto tra i giovani che parteciperanno e un’opportunità di crescita culturale e spirituale per la città di Arezzo.

La Comunità internazionale di Taizé, fondata da frère Roger nel corso della Seconda Guerra Mondiale, è oggi formata da un centinaio di monaci (frères), cattolici e di diverse origini evangeliche, provenienti da venticinque nazioni e impegnati nei tradizionali voti di povertà, celibato ed obbedienza. Con la sua stessa esistenza, la comunità vuole essere un segno concreto di riconciliazione tra cristiani divisi e tra popoli separati. Dalla fine degli anni '50 diverse generazioni successive di giovani si sono recate a Taizé, dall'Europa e dagli altri continenti. Al centro di questi incontri, che si svolgono ogni settimana dell'anno e che contano migliaia di iscritti, vi è la preghiera: tre volte al giorno infatti i monaci e i partecipanti si ritrovano nella grande chiesa di Taizé per una preghiera meditativa ed essenzialmente cantata. La Comunità, visitata da Giovanni Paolo II nel 1986, non ha tuttavia mai voluto creare attorno a sé un movimento, ma desidera stimolare i giovani ad impegnarsi nelle proprie Chiese locali, a divenire creatori di pace e di fiducia nella propria città, quartiere, parrocchia.

Il rapporto tra la città di Arezzo e la Comunità di Taizé è cominciato soprattutto per opera di Don Sergio Carapelli, attualmente parroco a S. Agostino, che è stato tra i primi, a partire dagli anni ’60, ad intuire l'enorme valore che questi incontri di Taizè hanno, in termini di crescita spirituale, per i giovani. Negli anni sono stati molti gli Aretini a partire alla volta di Taizé per trascorrervi una settimana. Mons. Carraro, già Vescovo di Arezzo ed attuale Vescovo di Verona, si è recato più volte a Taizé, come anche il Vescovo attuale, Mons. Bassetti, fortemente legato all’esperienza della Comunità monastica francese. Inoltre anche ad Arezzo, come in moltissime città italiane e del mondo, esiste dai primi anni ’90 una preghiera sullo stile di Taizé, una preghiera che intende offrire una volta al mese, nel mezzo di una vita molto impegnata e frenetica, uno spazio in cui è possibile fermarsi e raccogliersi.

Questo rapporto vivace e fecondo tra Arezzo e la comunità di Taizè, testimoniato anche dalle frequenti visite dei frères nella nostra città, ha fatto sì che Arezzo fosse scelta come città ospitante di questo incontro nazionale “sullo stile” di Taizé del 10-12 novembre 2006, incontro per il quale sono attesi oltre trecento giovani da varie Regioni d’Italia. Tutte le famiglie aretine sono invitate a partecipare alla preparazione di una calorosa accoglienza per questi giovani, ospitandoli a dormire per due notti – un paio di metri quadrati per ogni ragazzo saranno sufficienti, dato che i ragazzi porteranno con sè materassino e sacco a pelo - e a partecipare al programma dell’incontro, nel segno dell’accoglienza e della condivisione.

Per informazioni www.arezzotaize.it

Email arezzo@arezzotaize.it

infotel: 0575 4027210 (Ufficio diocesano per la pastorale scolastica)



mercoledì, ottobre 18, 2006

Situazione dei cristiani in Turchia


Col mio ritorno, ancora un articolo sulla situazione drammatica dei cristiani in Turchia!!





IL DECLINO DEI CRISTIANI IN TURCHIA
Un quarto dei turchi cent’anni fa Oggi sono solo lo 0,15 per cento
Chiese trasformate in musei, moschee, scuole, biblioteche o granai Una legislazione che penalizzala Chiesa

Di Camille Eid

Fino a un secolo fa, in questo Paese viveva la comunità proporzionalmente più numerosa di cristiani in Medio Oriente, oggi è la più ridotta. Dai circa due milioni cristiani all’inizio del Novecento, un quarto della popolazione anatolica, si è arrivati a soli 115 mila, appena lo 0,15 per cento, quasi tutti concentrati nei grandi centri di Istanbul, Smirne e Mersin. Si tratta, per buona metà, di fedeli della Chiesa apostolica armena, posti sotto l’autorità di un patriarca residente a Istanbul, dove la comunità gestisce ancora 35 luoghi di culto, ma con un seminario chiuso dal 1971. Poi vengono le comunità cattoliche, circa 30mila in tutto, principalmente latini, ma anche armeni, siriaci e caldei. Di circa 20mila il numero delle varie denominazioni protestanti, seguiti dai siro-ortodossi, circa 10mila, solo un decimo del numero presente un secolo fa nella zona meridionale di Tur Abdin. I greco-ortodossi sono invece circa 5mila soltanto. Anche loro malsopportano dal 1970 la chiusura del seminario di Halki, ma il loro patriarca che risiede nel quartiere costantinopolitano di Fanar (ma che deve essere di nazionalità turca) occupa il rango onorifico di "primus inter pares" tra i patriarchi ortodossi. Due drammatici eventi hanno sradicato quasi completamente le due maggiori comunità cristiane dell’ex Impero ottomano. Il primo è il genocidio degli armeni deciso a tavolino dal governo dei Giovani Turchi (più massoni che ferventi musulmani) che accusava gli armeni di connivenza con il nemico russo: almeno 700mila vittime senza contare i deportati morti di stento nel deserto siriano. Il secondo è lo scambio tra popolazioni "greche" e "turche" (un milione e 344mila cristiani ortodossi ricondotti in Grecia contro 464mila musulmani rinviati in Turchia), sancito dal Trattato di Losanna del 1923. Conservando il ricordo della capitale dell’ortodossia, la popolazione di Istanbul sfugge, in principio, a questo baratto. Ma, priva del suo retroterra, la metropoli assiste a un calo costante dei suoi cristiani: 136 mila nel 1927, 86 mila nel 1965, 70 mila oggi. Lungi dal tranquillizzare gli ultimi sopravvissuti delle minoranze, la laicità dello Stato finisce per accentuare la precarietà
della loro situazione, spingendoli all’emigrazione. Una situazione, questa, che può far nascere un senso di sconforto. Come dimenticare che episodi essenziali della vita di san Paolo e dei primi apostoli si sono svolti proprio nell’Asia Minore, l’attuale Turchia? E come dimenticare quanto Antiochia, Costantinopoli, Efeso, Edessa e la Cappadocia evochino tutto lo splendore dell’Oriente bizantino e siriaco? Passeggiando oggi in molte città e villaggi, ci si accorge che la quasi totalità delle chiese sono trasformate in musei, moschee, scuole, biblioteche o granai. La scomparsa delle chiese è andata di pari passo con la riduzione di tutte le istituzioni benefiche gestite dalla Chiesa (ospedali, ospizi, scuole) dovuta sia al progressivo venire meno del personale sia a gravami economici imposti dallo Stato. Numerosi ostacoli rendono difficile la vita delle comunità cristiane in un Paese che, tutto sommato, si definisce "laico": dall’assenza di personalità giuridica alle restrizioni al diritto di proprietà, e dalle ingerenze nella gestione delle fondazioni all’impossibilità di formare il clero, senza dimenticare la sorveglianza poliziesca esercitata sui cristiani. La legislazione turca complica la vita alla Chiesa cattolica. Non è ancora stato trovato uno statuto che le permetta una esistenza legale e giuridica. Ne consegue che la proprietà dei beni di cui la Chiesa godeva all’avvento della Repubblica continua ad essere contestata di diritto e di fatto. Riguardo la libertà religiosa, se è vero che una circolare turca del dicembre 2003 autorizza il "cambio di identità religiosa", ossia il passaggio da una confessione a un’altra, "sulla base di una semplice dichiarazione", la realtà dei fatti dimostra spesso che non è sempre così.