Zapatero non cambia. L’aborto è libero anche per le sedicenni
Nessun dietrofront: per il governo spagnolo le ragazzine di 16 anni potranno abortire liberamente senza il permesso dei genitori. Non dovranno neppure avvertirli. È il punto più polemico (ma non l’unico) del progetto di legge di “Salute sessuale e riproduttiva e interruzione volontaria della gravidanza”, approvato ieri in un consiglio dei ministri del tutto “straordinario”. In primis per il giorno: la squadra di José Luis Rodriguez Zapatero si è riunita di sabato, dato che il venerdì molti ministri erano impegnati al G20 di Pittsburgh.
Ma c’è un altro particolare che non è passato inosservato ai più attenti analisti: durante lo stesso Consiglio dei ministri è stata approvata una polemicissima riforma dell’aborto e un aumento delle tasse. Una pura coincidenza o il tentativo di accattivarsi parte della sinistra spagnola, colpita – quanto l’elettorato di destra – dall’incremento delle imposte? Per qualcuno il governo socialista vorrebbe sfruttare il polverone mediatico sollevato dalla riforma dell’aborto per far passare in punta di piedi la stretta fiscale; per altri è giusto il contrario: si devia l’attenzione della stampa sulle imposte e l’aumento dell’Iva, per ridimensionare l’importanza dell’aborto.
In ogni caso, non tutti credono alla coincidenza e alla casualità. Il progetto approvato dal governo di Zapatero rivoluziona completamente l’attuale legislazione sull’aborto, in vigore in Spagna dal 1985. Finora l’interruzione volontaria della gravidanza era permessa solo in tre casi: violenza sessuale, grave malformazione del feto, rischio fisico o psicologico per la madre (oltre il 90% degli aborti si realizzano in nome di questo criterio). Il ddl del governo liberalizza completamente l’aborto nelle prime 14 settimane di gestazione: deciderà la donna, senza l’obbligo di giustificare la sua scelta con nessuna ragione. Aborto libero e gratuito, recita il testo: «I servizi pubblici di salute» dovranno «garantire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza».
Fino a tre mesi e mezzo nessun limite, dunque: la donna dovrà essere soltanto informata delle possibili alternative e poi farà quello che vuole. A partire dalla 14esima e fino alla 22esima settimana, si potrà abortire solo in due casi: se fosse a rischio la vita o la salute della madre o se venissero diagnosticate gravissime anomalie del feto. Dopo la 22esima settimana (oltre il quinto mese) l’aborto potrebbe essere autorizzato da un «comitato clinico», qualora venisse rilevata una malformazione fetale incompatibile con la vita o estremamente grave e incurabile. In un primo momento il governo avrebbe voluto escludere i medici contrari all’aborto dai «comitati clinici» regionali, ma è stato obbligato a modificare questo punto.
L’aspetto della riforma che più polemiche ha sollevato – anche all’interno del Partito socialista – è però quello relativo all’età dei «fruitori» del cosiddetto «diritto di abortire»: il governo ha mantenuto la sua posizione iniziale e ha esteso questa possibilità alle ragazze di 16 e 17 anni. Un’eventuale modifica potrebbe avvenire in sede parlamentare. Il progetto di legge infatti ora viene rinviato alle Cortes (Parlamento). In Spagna ogni anno sono oltre 112.000 i bambini non nati a causa delle interruzioni di gravidanza.
Una cifra che continua ad aumentare a ritmi vertiginosi: più 126% in soli dieci anni. Per questo, secondo il governo di Zapatero, l’attuale legge non era al passo con la società spagnola. La vicepremier Maria Teresa Fernandez de la Vega ha affermato che il nuovo testo si basa su tre punti fondamentali. Il primo: dare maggiori garanzie giuridiche alle donne che decidono di abortire. Secondo: garanzia di privacy. Terzo: sicurezza legale per i professionisti sanitari che realizzano gli aborti. La vice premier assicura che la volontà del governo è «prevenire le gravidanze non desiderate» e che «nessuna donna debba affrontare la durissima decisione di abortire».
Ma a tanti spagnoli la proposta del governo non piace affatto. Faranno sentire la loro voce in piazza, a Madrid, il 17 ottobre: gli organizzatori prevedono la presenza di oltre un milione di persone.
Avvenire
Ma c’è un altro particolare che non è passato inosservato ai più attenti analisti: durante lo stesso Consiglio dei ministri è stata approvata una polemicissima riforma dell’aborto e un aumento delle tasse. Una pura coincidenza o il tentativo di accattivarsi parte della sinistra spagnola, colpita – quanto l’elettorato di destra – dall’incremento delle imposte? Per qualcuno il governo socialista vorrebbe sfruttare il polverone mediatico sollevato dalla riforma dell’aborto per far passare in punta di piedi la stretta fiscale; per altri è giusto il contrario: si devia l’attenzione della stampa sulle imposte e l’aumento dell’Iva, per ridimensionare l’importanza dell’aborto.
In ogni caso, non tutti credono alla coincidenza e alla casualità. Il progetto approvato dal governo di Zapatero rivoluziona completamente l’attuale legislazione sull’aborto, in vigore in Spagna dal 1985. Finora l’interruzione volontaria della gravidanza era permessa solo in tre casi: violenza sessuale, grave malformazione del feto, rischio fisico o psicologico per la madre (oltre il 90% degli aborti si realizzano in nome di questo criterio). Il ddl del governo liberalizza completamente l’aborto nelle prime 14 settimane di gestazione: deciderà la donna, senza l’obbligo di giustificare la sua scelta con nessuna ragione. Aborto libero e gratuito, recita il testo: «I servizi pubblici di salute» dovranno «garantire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza».
Fino a tre mesi e mezzo nessun limite, dunque: la donna dovrà essere soltanto informata delle possibili alternative e poi farà quello che vuole. A partire dalla 14esima e fino alla 22esima settimana, si potrà abortire solo in due casi: se fosse a rischio la vita o la salute della madre o se venissero diagnosticate gravissime anomalie del feto. Dopo la 22esima settimana (oltre il quinto mese) l’aborto potrebbe essere autorizzato da un «comitato clinico», qualora venisse rilevata una malformazione fetale incompatibile con la vita o estremamente grave e incurabile. In un primo momento il governo avrebbe voluto escludere i medici contrari all’aborto dai «comitati clinici» regionali, ma è stato obbligato a modificare questo punto.
L’aspetto della riforma che più polemiche ha sollevato – anche all’interno del Partito socialista – è però quello relativo all’età dei «fruitori» del cosiddetto «diritto di abortire»: il governo ha mantenuto la sua posizione iniziale e ha esteso questa possibilità alle ragazze di 16 e 17 anni. Un’eventuale modifica potrebbe avvenire in sede parlamentare. Il progetto di legge infatti ora viene rinviato alle Cortes (Parlamento). In Spagna ogni anno sono oltre 112.000 i bambini non nati a causa delle interruzioni di gravidanza.
Una cifra che continua ad aumentare a ritmi vertiginosi: più 126% in soli dieci anni. Per questo, secondo il governo di Zapatero, l’attuale legge non era al passo con la società spagnola. La vicepremier Maria Teresa Fernandez de la Vega ha affermato che il nuovo testo si basa su tre punti fondamentali. Il primo: dare maggiori garanzie giuridiche alle donne che decidono di abortire. Secondo: garanzia di privacy. Terzo: sicurezza legale per i professionisti sanitari che realizzano gli aborti. La vice premier assicura che la volontà del governo è «prevenire le gravidanze non desiderate» e che «nessuna donna debba affrontare la durissima decisione di abortire».
Ma a tanti spagnoli la proposta del governo non piace affatto. Faranno sentire la loro voce in piazza, a Madrid, il 17 ottobre: gli organizzatori prevedono la presenza di oltre un milione di persone.
Avvenire
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